L’artigianato dei paesi etnei, la lavorazione della pietra lavica

La pietra lavica, altrimenti detta 'l'oro del vulcano Etna, è quel materiale basaltico che si ricava dalle eruzioni del vulcano ed è lo stesso che poi si raffredderà e solidificherà perché a contatto con l'aria.

Una volta raccolta e lavorata, si trasformerà in un materiale adatto e ideale per la creazione di oggetti vari che sono una leva importante per l’artigianato locale, sia per quanto riguarda le creazioni vendibili in bancarella come bijoux, riproduzioni di animaletti come tartarughe e altri souvenir, ma anche per ciò che concerne oggetti più pesanti come pavimenti, piastrelle, lavelli, top di cucine, e così via.

Si tratta infatti di un materiale basaltico con delle caratteristiche morfologiche idonee alla realizzazione di oggetti solidi e facilmente lavorabili, addirittura alcuni la preferiscono ad altri materiali basaltici. Si presenta generalmente di colore nero o altre tonalità scure. La storia fra vulcano Etna e città di Catania (ma in genere tutta la Sicilia) ha origini profonde.


La prima fase della lavorazione della pietra lavica

Prima di arrivare all’oggetto finito, vi sono varie fasi nella lavorazione della pietra lavica, ovvero, innanzitutto il momento dell’estrazione.
Le persone che si occupano di ciò sono detti ‘pirriaturi’, questi inizialmente tendevano ad estrarre il materiale solo dagli strati superficiali poiché era più facile, avvalendosi di semplici strumenti manuali, ultimamente invece i moderni macchinari hanno permesso di raggiungere strati più profondi, dove la lava assume maggiore compattezza e un colore più chiaro.
Un’altra categoria di lavoratori della pietra lavica sono gli ‘scalpellini’, i quali si occupano della fase di rifinitura della pietra lavica, dunque la loro funzione è assolutamente necessaria per un lavoro d’autore!



L’artigianato con la pietra lavica

Una volta che i blocchi di lava lavorata nelle sue fasi iniziali sono pronti, si passa al momento in cui entra in scena l’artigianato dei paesi etnei come Zafferana, Giarre, Nicolosi, Paternò, solo per fare alcuni nomi di paesi etnei che hanno saputo trarre da questo prodotto del vulcano un motivo di sviluppo del commercio in maniera creativa e innovativa.

D’altra parte, che ci sia un rapporto speciale fra il vulcano Etna e la città catanese (con la sua provincia) è un dato di fatto, come dimostra il famoso ‘cuore dell’Etna’, ovvero quella particolare conformazione geologica scoperta in una delle cave dell’area del vulcano, che sembra stare a significare un ‘messaggio d’amore’ del vulcano verso il suo hinterland catanese.

E con pronta risposta di un amore corrisposto, la città di Catania ha assunto come simbolo di sé la famosa fontana con il maestoso elefante (in catanese u’ Liotru) interamente realizzato in pietra lavica e che rappresenta fra l’altro il passato di questa città che ha vissuto fra l’altro terremoti, eruzioni del vulcano con colate laviche arrivate fino in città, in particolare durante gli episodi sul finire del diciassettesimo secolo, periodo a partire da quale Catania si è poi rialzata con coraggio e voglia di bellezza artistica.
La pietra lavica è stata una molla importante per la ripresa dell’economia locale, quanto a turismo e artigianato, quindi per il commercio e l’economia.


Il lavoro degli artigiani della pietra lavica è per esempio quello che ha a che fare con la sua ‘ceramizzazione’, ovvero quel processo attraverso il quale essa viene lavorata al fine di poterla decorare di maiolica in superficie, ecco perché si parla di ‘pietra lavica ceramizzata’. Uno degli esperti in tal senso è il maestro ceramista paternese Barbaro Messina, colui che ha apportato questa modifica ‘rivoluzionaria’ del saper maiolicare la pietra lavica. La sua è una tecnica del tutto innovativa, anche perché ha permesso di giungere alla creazioni di veri e proprio complementi d’arredo come bagni, top di cucine, tavoli e così via. Senza dimenticare, quei piccoli gioielli da bancarella, come bijoux, quadri, soprammobili, etc.


A Catania vale la pena visitare il “Museo di Sculture in Pietra lavica Nino Valenziano Santangelo”, dal nome di quello scultore che ha lavorato la pietra lavica a partire dal 1978, creando eccellenti capolavori artistici.
E poi, non solo nella città di Catania, ma in tutto il territorio della provincia sono presenti varie botteghe specializzate nell’artigianato di questo tipo, grazie al lavoro che si tramanda di padre in figlio e che ha permesso di trasformare questo settore da una dimensione prettamente artigianale a quella industriale, addirittura da esportare.

E poi, dulcis in fundo, ma non meno importante, è la possibilità che dai più non era immediatamente immaginabile ma che invece è diventata la geniale idea di una fashion designer di Nicolosi, Delia Zappalà, che ha ben pensato di creare con la pietra lavica oggetti da ‘indossare’, come abiti e accessori. Il suo talento ha trovato terreno fertile, come dimostra il fatto che la ragazza è stata notata da esperti del settore e quindi sta continuando a studiare, per portare avanti il suo progetto di promozione del made in Italy, anche se nel suo caso si potrebbe dire specificatamente ‘made in Sicily’.
E quando si parla di Etna, pietra lavica e artigianato dei paesi etnei, si parla di un terreno sicuramente da esplorare anche perché è uno dei simboli, appunto, della sicilianità nell’arte.

Condividi

Lascia un commento

 

 / 

Accedi

Invia un messaggio

I miei preferiti